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Approfondimenti

Romeo e Giulietta

Giulietta e Romeo tra mito e realtà

Il mito della casa di Giulietta 
Una famiglia Dal Cappello risiedeva all'attuale numero 23 della omonima via, nella bella casa di impianto medievale che è oggi sede del museo Casa di Giulietta. Nella chiave di volta dell'arco intero che dalla via immette nel cortile dell'edificio, troviamo infatti l'emblema che ne conferma la proprietà, con il cappello scolpito a rilievo nel marmo, mentre nel suo insieme casa e cortile si presentano pesantemente modificati dal susseguirsi nei secoli di vari interventi conservativi e di restauro. L'edificio, forse già in età tardo- medievale, fu adibito a "stallo", cioè a luogo di scambi commerciali o destinato all'ospitalità dei forestieri (hospitium a Cappello). Vari interventi di riadattamento furono compiuti a partire dall'acquisizione da parte del Comune del fabbricato (1907), ridotto all'epoca in condizione di forte degrado. I lavori di restauro che portarono l'edificio esterno al suo attuale aspetto furono realizzati intorno al 1940 dall'allora direttore dei Musei Civici, Antonio Avena; vi furono così aggiunti elementi in stile romanico e gotico di varia provenienza, perseguendo un'idea ancora romantica di Medioevo, che comportò tra l'altro alcune incongruenze anacronistiche, come l'inserimento di finestre trilobate. Lo stesso celeberrimo balcone, forse in origine parte di un sarcofago, venne in quell'occasione integrato nelle parti laterali e collocato al primo piano della Casa di Giulietta, non potendo certo mancare un elemento così essenziale della leggenda. L'intervento di Avena, spesso incurante delle norme teoriche e tecniche del restauro, si dimostrò piuttosto incline a seguire, anche negli allestimenti interni, suggestioni derivanti dalle scenografie hollywoodiane del film girato da George Cukor nel 1936.

Il mito della casa di Romeo 
L'immaginario popolare, sempre in cerca di siti "reali" su cui concentrare la propria fantasia, ha naturalmente voluto localizzare, oltre al domicilio di Giulietta, anche quello di Romeo, che si è identificato nel complesso medievale situato in via Arche Scaligere. Indicato come casa dei Montecchi fin dal XIX secolo, l'edificio rappresenta certamente uno degli esempi più significativi di case fortificate poste all'interno della più antica cerchia muraria cittadina, tanto da far piuttosto pensare a un castello o a un fortilizio, per il suo aspetto austero, semplice e sobrio, le sue merlature e la solidità. Il fabbricato, purtroppo visibile solo dall'esterno, mantiene l'aspetto robusto e disadorno, cui contribuiscono la compattezza delle alte pareti in cotto merlate, e l'originaria struttura planimetrica di costruzione, svolta sul perimetro di un cortile interno, connotato dalla presenza di un'importante scala.

Il sepolcro della sfortunata amante 
La cosiddetta "Tomba di Giulietta", già meta di romantici pellegrinaggi ottocenteschi, fu identificata nel disadorno sarcofago in marmo rosso collocato nell'ex convento di San Francesco al Corso. Solo nel 1868 la Congregazione di Carità, allora proprietaria dell'edificio, decise di spostare la tomba al coperto, collocandola tra due mura superstiti della chiesa ed edificandovi intorno un sacello simile a quello del Chiostro di San Zeno, riutilizzando all'uopo parti originarie provenienti dal chiostro dell'antica San Francesco, come finestre e frammenti affrescati, e ponendovi lapidi commemorative dell'edificazione e delle vicende della chiesa. Nel 1938 Antonio Avena, direttore dei Musei Civici, chiedeva alla Soprintendenza il consenso per intervenire sulla tomba di Giulietta per dare un nuovo ingresso al chiostro. Al termine del percorso che parte da via delle Franceschine si giunge a due vani sotterranei, nel più piccolo dei quali è sistemato l'antico sarcofago che, nell'atmosfera raccolta del piccolo ambiente, favorisce senz'altro l'immedesimazione psicologica del visitatore con l'epilogo della tragica vicenda.